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September 8, 2025Cross-Border
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Italy: La settimana nei mercati - 08 Settembre 2025

INTRODUZIONE

La settimana appena trascorsa ha rappresentato un nuovo banco di prova per i mercati globali, sospesi in un equilibrio sempre più fragile, dove ogni dato macroeconomico sembra aggiungere complessità anziché offrire chiarezza. Tra segnali contraddittori e dinamiche in evoluzione, il panorama globale si conferma instabile.

Negli USA, il brusco rallentamento dei Non-Farm Payrolls e degli ADP, ben al di sotto delle attese, ha riacceso i timori di una possibile debolezza strutturale del mercato del lavoro, evidenziata anche dal calo nel ritmo delle assunzioni. Come già si preannunciava dalle parole pronunciate a Jackson Hole da Jerome Powell lo scorso agosto, il presidente della Fed ha adottato un atteggiamento più flessibile, lasciando intendere una maggiore disponibilità ad agire qualora i dati continuassero a segnalare un raffreddamento dell’economia. In questo contesto abbiamo visto il dollaro indebolirsi nuovamente contro l’euro portandosi sopra l’area 1,17. I mercati futures danno ormai per scontato un taglio nella prossima riunione della FED, prezzando al 90% un taglio di 25bps e del 10% un taglio addirittura di 50bps. Mentre sembrerebbe che i mercati abbiano ormai scontato un taglio dei tassi da parte della Fed a settembre, il percorso oltre quella soglia rimane tutt’altro che definito.

Nel frattempo, in Europa l’inflazione appare sotto controllo, ma la situazione è tutt’altro che rassicurante. I segnali di indebolimento della domanda interna si moltiplicano, mentre le tensioni politiche, in particolare in Francia, dove oggi è atteso un voto di sfiducia, rendono ancora più difficile il compito della BCE. Gli analisti si aspettano una conferma dello status quo nella riunione di giovedì ma, anche in questo caso, il margine di manovra si sta assottigliando.

Sul piano internazionale, il rumore di fondo delle tensioni geopolitiche e commerciali si fa sempre più presente. Le relazioni tra Russia e Cina paiono rafforzarsi, mentre l’instabilità in Medio Oriente e le misure protezionistiche di Washington iniziano a manifestare effetti concreti su prezzi e fiducia delle imprese.

Intanto la crisi politica in Giappone è culminata con le dimissioni del Primo Ministro Shigeru Ishiba, dopo le pesanti sconfitte elettorali che hanno eroso la maggioranza della sua coalizione. Sul fronte monetario, la BoJ ha avviato la normalizzazione: tassi al 0,5%, riduzione degli acquisti di titoli e fine dello Yield Curve Control, con la curva dei JGB che si è irripidita e il 30y salito oltre il 3,2%. Ciò sostiene i margini bancari ma aumenta i rischi di perdite e di costoso rifinanziamento per il governo, contribuendo al calo dello yen a oltre 173 contro l’euro. Sul piano commerciale, il nuovo accordo con gli USA ha ridotto i dazi sulle auto al 15% in cambio di circa 550 miliardi di investimenti giapponesi in settori strategici americani.

Al vertice SCO di Tianjin, la presenza congiunta di Cina, India e Russia ha ridato slancio a tesi secondo cui ci si stia avviando verso un nuovo ordine globale, meno dipendente dal dollaro e centrato su un asse euroasiatico. La firma dell’accordo tra Mosca e Pechino per il gasdotto Power of Siberia 2 segna un ulteriore passo verso una cooperazione energetica che potrebbe ridisegnare gli equilibri globali. Il messaggio implicito all’Occidente appare chiaro, soprattutto se confrontato con l’assenza di risultati tangibili dall’incontro tra Trump e Putin.

Anche sul fronte ucraino, la situazione resta tesa e incerta. Il presidente russo Vladimir Putin si è detto disponibile a incontrare Zelensky, ma solo a Mosca, una condizione che ha immediatamente suscitato critiche da parte di Kiev e dei suoi alleati. Zelensky ha definito l’offerta irrealistica, evidenziando quanto siano ancora distanti le posizioni. Da un lato, la proposta di Putin ha il sapore di una mossa diplomatica calcolata; dall’altro, la risposta ucraina rivendica la legittimità della resistenza e la necessità di trattare su un piano di parità.

STATI UNITI

  • Il dato sui Non-Farm Payrolls ha registrato 22k nuove assunzioni, ben al di sotto del consenso (75k)

  • Il rapporto ADP ha mostrato una creazione di soli 54.000 nuovi posti di lavoro ad agosto , segnalando un chiaro rallentamento della dinamica occupazionale.

  • Le richieste settimanali di sussidio di disoccupazione sono salite a 237.000, massimo da giugno, consolidanto la percezione di un deterioramento del mercato del lavoro.

  • Il tasso di disoccupazione resta stabile al 4,2%, mentre i salari orari crescono del 3,9% su base annua.

  • In controtendenza, l’ISM servizi è salito da 50,1 a 52,0, segnalando una leggera ripresa dell’attività nel settore terziario.

  • Il Beige Book della Fed ha evidenziato un’attività economica stabile o in lieve rallentamento, con pressioni al rialzo sui prezzi legate ai dazi.

  • Il consenso su un taglio dei tassi a settembre è ormai unanime, ma l’inflazione USA in uscita l’11 settembre sarà cruciale per confermare le aspettative sulla direzione nel medio termine della FED.

EUROPA

  • L’inflazione annuale ad agosto è salita leggermente al 2,1% (da 2,0% di luglio), trainata da rincari nei prezzi alimentari e da un rallentamento della discesa dei prezzi energetici.

  • L’inflazione core è rimasta stabile al 2,3%.

  • Il PMI manifatturiero ha superato la soglia di espansione (50,7), segnalando un possibile punto di svolta, mentre i servizi sono calati leggermente a 50,5.

  • I dati Eurostat mostrano una contrazione delle vendite al dettaglio a luglio (-0,5% area euro) e un rialzo dei prezzi alla produzione (+0,4%), segnale di domanda interna debole ma pressioni sui costi ancora presenti.

  • La BCE si riunirà giovedì 11 settembre: secondo un sondaggio Reuters, gli analisti si attendono una pausa nel ciclo di tagli, con il tasso sui depositi confermato al 2,00%.

  • In Francia, oggi è atteso il voto di sfiducia contro il governo Bayrou, in bilico sul piano di austerità da 44 miliardi. Macron ha escluso elezioni anticipate, ma una crisi di governo potrebbe alimentare ulteriore instabilità politica.

CONCLUSIONI

Nel complesso, il contesto globale si conferma fragile, attraversato da tensioni multiple e da segnali economici che, invece di dissipare i dubbi, li moltiplicano. I mercati si muovono guidati dalle aspettative sugli interventi delle banche centrali, mentre i dati macroeconomici continuano a inviare messaggi ambigui, rendendo difficile costruire uno scenario coerente e condiviso.

Negli Stati Uniti, un mercato del lavoro in rallentamento potrebbe indicare un cambio di rotta sulla politica monetaria giá nella riunione del 17 Settembre: la Fed agirà con decisione o preferirà attendere ulteriori conferme? I mercati sembrano concordi su un taglio dei tassi ma ci sará comunque da monitorare la pubblicazione dei dati sull’inflazione questa settimana che potrebbero da un lato rafforzare queste aspettative e dall’altro aggiungere incertezza.

In Europa, lo spazio di manovra della BCE resta limitato. Sebbene l’inflazione appaia sotto controllo, la fragilità della domanda e le tensioni politiche, a partire dalla Francia, pongono interrogativi sulla sostenibilità delle politiche fiscali e monetarie nei prossimi mesi.

Sul piano geopolitico, le fratture tra blocchi economici e militari si acuiscono, mentre si moltiplicano i segnali di un potenziale riassetto degli equilibri globali. Il rafforzamento dell’asse eurasiatico, le tensioni in Medio Oriente e la rigidità del dialogo tra Russia e Ucraina contribuiscono a mantenere alta la volatilità e alimentano un clima di sfiducia generalizzata.

La volatilità resta elevata, e il focus si sposta ora sulla riunione della BCE dell’11 Settembre, sui dati dell’inflazione americana in attesa della riunione della FED della prossima settimana e sui primi segnali macro del Regno Unito. In un contesto così frammentato, ogni dato può fare la differenza.

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