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April 7, 2025Cross-Border
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Italy: La settimana nei mercati - 7 Aprile 2025

INTRODUZIONE

La prima settimana del secondo trimestre si è aperta sotto il segno della volatilità. L’annuncio dei nuovi dazi statunitensi, ribattezzato “Liberation Day” dal presidente Trump, ha infiammato i mercati, aggravando l’incertezza già presente e spingendo gli investitori verso asset rifugio. Come spesso accade in queste fasi, si è vista forte volatilità nel mercato valutario.

Il Dollar Index (DXY) ha rotto al ribasso area 102, toccando i minimi da sei mesi sotto quota 101, indebolimento del dollaro che ha portato l’EUR/USD ben oltre 1,11 nella giornata di giovedì per poi rintracciare in area 1,10. Lo yen giapponese si è rafforzato, confermando il suo ruolo di bene rifugio in un contesto di flight-to-safety. Più incerta invece la reazione della sterlina, che ha beneficiato solo in parte della debolezza del biglietto verde, restando influenzata dai dati macro e dalla maggiore esposizione commerciale con Washington.

Tuttavia questo indebolimento del dollaro fa riflettere in quanto, contrariamente a quanto accaduto nel 2018, i dazi imposti da Trump avevano rafforzato la valuta statunitense. Infatti, a livello teorico, i dazi dovrebbero portare a un rafforzamento della valuta locale, ma questa volta i mercati sembrano temere che l’aumento del protezionismo possa spingere l’economia USA verso la recessione. Il rendimento del Treasury a 10 anni è calato, il quale potrebbe segnalare l’aumento della probabilità di tagli ai tassi da parte della FED. A rafforzare questi timori è anche la stima della FED di Atlanta, che prevede una contrazione del PIL USA del 3,7% nel primo trimestre.

In controtendenza, il rapporto sul mercato del lavoro USA ha sorpreso positivamente: a marzo i Non-Farm Payrolls hanno di gran lunga superato le attese. Tuttavia, il tasso di disoccupazione è aumentato. Crescono anche i salari, mostrando un mercato del lavoro ancora resiliente nonostante i segnali recessivi in altri indicatori.

Sul fronte geopolitico, la risposta della Cina ha ulteriormente alimentato l’escalation: Pechino ha imposto tariffe del 34% su una vasta gamma di beni americani, colpendo settori strategici come automotive, semiconduttori e soia. Parallelamente, si intensificano i rumor di una possibile svalutazione dello yuan come contromossa valutaria, nonostante finora la PBoC abbia mantenuto un atteggiamento di sostegno al cambio.

Al di là del forex, la reazione dei mercati azionari è stata violenta: oltre 5.000 miliardi sono stati bruciati a Wall Street, e circa 800 miliardi dai listini europei, avversione al rischio che ha portato alla corsa dell’oro – che ha toccato nuovi massimi storici. La settimana ha confermato una cosa: la guerra commerciale lanciata da Trump è ora realtà, e il mercato deve fare i conti con le sue implicazioni.

STATI UNITI

  • Le nuove tariffe statunitensi, annunciate il 2 aprile, prevedono un dazio base del 10% sulle importazioni extra-NAFTA, accompagnato da un dazio superiore calcolato in funzione del deficit commerciale.

  • L’UE è colpita da una tariffa del 20%, la Cina da un 34% aggiuntivo arrivando in totale al 54%, mentre picchi del 49% sono previsti per alcuni Paesi asiatici minori. Settori critici come semiconduttori, legname e pharma saranno soggetti a regimi speciali.

  • L’indice ISM manifatturiero è sceso a 49,0 (da 50,3), segnando il ritorno in zona contrattiva. Anche i servizi rallentano: ISM servizi a 50,8, minimo da 9 mesi.

  • Non Farm Payrolls sopra le attese: +228.000 nuovi occupati a marzo (vs attese 140.000), disoccupazione in lieve aumento al 4,2%, crescita salariale +0,3% m/m e +3,8% a/a.

  • La disoccupazione resta stabile: 219k nuove richieste di sussidi, non discostandosi troppo dalle attese.

  • Il deficit commerciale migliora marginalmente a -122,7 miliardi (da -131,4), ma l’impatto dei dazi sarà visibile solo nel medio termine.

EUROPA

  • La risposta dell’UE è ancora in fase di definizione. La presidente von der Leyen ha confermato l’imminente attivazione di controdazi e altre contromisure coordinate, mentre si valuta anche il ricorso allo strumento ACI per contrastare la “coercizione commerciale”.

  • Inflazione in lieve calo: 2,2% annuo a marzo (da 2,3%), ma con la componente servizi ancora al 3,4%.

  • Il PMI manifatturiero dell’Eurozona risale a 48,6 (da 47,6), segnale di stabilizzazione.

CONCLUSIONI

La prima settimana del trimestre ha evidenziato con forza come la nuova ondata di protezionismo stia alterando gli equilibri globali, non solo commerciali ma anche valutari e finanziari. L’effetto domino scatenato dalle tariffe USA si è riflesso in un aumento generalizzato dell’avversione al rischio, in un indebolimento del dollaro atipico rispetto al passato, quasi a indicare una leggera perdita dello status di riserva, e in forti vendite sui mercati azionari.

La possibilità di una recessione negli Stati Uniti, suggerita dai dati PMI e dalle proiezioni della Fed di Atlanta, è stata parzialmente bilanciata da un mercato del lavoro ancora solido, anche se l’aumento del tasso di disoccupazione segnala qualche tensione latente.

La risposta cinese, tanto sul fronte commerciale (con tariffe del 34% su beni USA) quanto su quello valutario (con crescenti voci di una possibile svalutazione dello yuan), indica che l’escalation è solo agli inizi. Anche l’Europa si prepara a reagire, e la settimana in corso sarà fondamentale per valutare le prossime mosse.

Con la guerra commerciale entrata in una nuova fase, i mercati dovranno adattarsi a un contesto di forte incertezza, volatilità e possibili cambi di paradigma, anche valutari.

Mentre sul lato strettamente macro-economico, da monitorare la riunione della RBNZ sui tassi d’interesse in Nuova Zelanda, dati sull’inflazione in Cina che, ricordiamo, si trova in territorio negativo, inflazione e indice dei prezzi di produzione negli Stati Uniti. Nessun dato rilevante nell’eurozona ma sarà molto interessante seguire la riunione dell’Eurogruppo nella giornata di venerdì, soprattutto per capire possibili ritorsioni commerciali contro gli Stati Uniti.

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