Italy: La settimana nei mercati - 23 Settembre 2024
Settimana molto attesa quella appena trascorsa, con le riunioni di 3 delle principali Banche Centrali mondiali, rispettivamente la Federal Reserve – FED -, la Bank of England – BoE - e la Bank of Japan - BoJ . L’attenzione era rivolta soprattutto verso la riunione della FED del 18 settembre, che ha segnato un punto di svolta ed ha sancito il tanto atteso cambio di rotta della politica monetaria della FED. La riunione ha infatti dato il via al ciclo dei tagli dei tassi varando un maxi-taglio di 50 punti base, portando i FED funds da 5,50% al 5% e preannunciando la possibilità di un altro taglio di identica entità entro la fine di quest’anno. Le riduzioni, secondo le attese, proseguiranno anche nel 2025 (per 100 punti base) e nel 2026 (per ulteriori 50). Secondo quanto emerge dal «dot plot», i tassi scenderanno così al 4,4% nel 2024 (invece che al 5,1% indicato a giugno), al 3,4% nel 2025 e al 2,9% nel 2026.
Nulla di fatto invece per la Bank of England – BoE - che ha mantenuto i tassi di interesse fermi al 5% con una decisione presa quasi all’unanimità, ricevendo 8 voti favorevoli ed uno contrario. In conferenza stampa il governatore Bailey ha sottolineato l'importanza di mantenere l'inflazione sotto controllo, evitando tagli troppo rapidi o eccessivi. Gli investitori si aspettano quindi che la banca centrale britannica proceda con più cautela rispetto alla Federal Reserve, a causa di una pressione inflazionistica ritenuta più persistente nel Regno Unito. La Banca d'Inghilterra ha ridotto le previsioni sull'inflazione per la fine dell'anno, grazie anche al calo dei prezzi del petrolio.
Anche la Bank of Japan ha mantenuto fermi i tassi di interesse, confermando le attese ma eliminando ogni dubbio sulla volontà di procedere con il processo di normalizzazione della politica monetaria ultra espansiva, il cui percorso proseguirà comunque nei mesi a venire. L'intenzione della Banca Centrale rimane infatti quella di aumentare i tassi nuovamente entro la fine di quest'anno; la reazione del mercato ha sorpreso e abbiamo visto un indebilimento del JPY che però recupera in apertura questa mattina il terreno perso contro l'euro anche grazie ai dati negativi PMI europei.
Buone notizie dal Canada rispetto all’inflazione: i dati hanno mostrato che l’aumento dei prezzi ha finalmente raggiunto l'obiettivo della banca centrale, attestandosi al 2% ad agosto 2024. Questo risultato, il più basso da oltre tre anni, è stato ottenuto grazie a un raffreddamento dei prezzi dell'energia e di alcuni beni di consumo. Tuttavia, la persistente crescita dei costi degli alloggi continua a rappresentare una sfida.
Analizziamo nel dettaglio gli eventi in Europa e negli Stati Uniti:
Europa
Poco interessante la settimana sul fronte macroeconomico per la scarsità dei dati in uscita. Tuttavia si segnala un sentiment in Europa decisamente in calo nell'area dell'euro con l'indice ZEW, che misura le aspettative degli analisti sullo sviluppo dell’economia in Germania nell’arco dei sei mesi successivi, che ha registrato il più brutto dato da ottobre 2023. La rilevazione è stata di 3,6 punti dai 19,2 punti di agosto, quindi una discesa molto forte e molto superiore alle aspetative.
La preoccupazione per lo stato dell’economia tedesca e per il conseguente impatto su tutta l’economia europea si ravviva anche a seguito dei dati usciti questa mattina su PMI del settore manifatturiero e di servizi. I dati sono usciti infatti con una rilevazione inferiore sia alle aspettative che al dato precedente, con una immediata reazione dell’euro che ha perso terreno contro il dollaro US.
Sul fronte inflazione, i dati finali hanno mostrato un dato stabile al 2,2% su base annuale e 2,8% come dato core, confermando le aspettative.
Stati Uniti
L’appuntamento più atteso della settimana è stato senza dubbio la riunione della Banca Centrale americana tenutasi mercoledi scorso alle 20:00 ora italiana. La Fed ha sorpreso il mercato tagliando i tassi di 50 punti base, portandoli nella forchetta 4,75-5%. E’ stata la prima diminuzione del costo del denaro dopo 4 anni e molto attesa dai mercati finanziari incerti, fino alla fine, sull’entità della riduzione. Questa decisione, più aggressiva del previsto, mira a sostenere l'economia statunitense di fronte a un rallentamento della crescita economica; le nuove proiezioni suggeriscono che la banca centrale continuerà a ridurre i tassi nei prossimi anni, con l'obiettivo di stimolare l'attività economica ed il mercato del lavoro. Durante la conferenza stampa Powell ha confermato di avere maggiore fiducia sul fatto che l’inflazione si stia muovendo in modo sostenibile verso il 2% e che i rischi per il raggiungimento degli obiettivi di occupazione e inflazione siano in equilibrio. Ha inoltre precisato che le prossime decisioni saranno prese riunione per riunione e che la Fed è pronta ad accelerare, frenare o mettere in pausa i tagli, in base ai dati economici. Ha concluso dicendo che è iniziata la “ricalibrazione” della politica monetaria con l’obiettivo di preservare la forza dell’economia Usa e che proseguirà la discesa dell’inflazione anche per effetto di tassi che resteranno restrittivi.
Conclusioni
Il mercato pare si trovi ad un punto di svolta, con il mese di settembre che ha sancito il tanto atteso cambio di rotta della politica monetaria della FED. Il taglio storico di 50 punti da parte della Fed ha di fatto aperto una nuova era, se cosi possiamo definirla, in quanto erano ben 4 anni che i tassi non venivano tagliati (periodo COVID) e lo stesso Powell non ha escluso un ulteriore taglio di mezzo punto da qui a fine anno 2024. Il motivo principale che ha spinto la Fed a propendere per questo taglio sta fondamentalmente nel prevenire che il mercato del lavoro potesse continuare ad indebolirsi. Le parole usate da Powell indicano chiaramente che dati alla mano, c’è solidità economica e che soprattutto l’inflazione è in discesa e più vicina all’obiettivo target del 2%. Concludendo si può dire che l’atteggiamente prudente della FED nell’ultimo anno ha portato comunque i suoi frutti, mantenendo i prezzi stabili e rafforzano l’economia reale a stelle strisce.
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